Originariamente Scritto da
oswaldo
Ciao a tutti i beoni,
magari qualcuno si ricorda del mio caso...anno 2011, 3° fascia+incidente (dopo aver bevuto, mi sono ricordato di avere la motocicletta fuori dal garage, quindi sono uscito per recuperarla, sono caduto quasi da fermo ma a peso morto rompendomi la clavicola, ambulanza, vigili, ospedale, prelievo, 1,73, revoca immediata del prefetto, tre gradi di giudizio, condanna confermata dopo quasi 5 anni in Cassazione).
Da allora non ho più guidato, tra 186 e omicidio stradale non mi pare sia una cosa di buon senso, e ormai sono passati quasi 8 anni.
Non so neppure se, in base alle curiose regole sull'accertamento del reato, sarei ammesso ad intraprendere l'impervia strada che conduce ad una nuova patente.
E comunque, la mia automobile ha ormai 13 anni, non penso possa più circolare in nessuna città per le norme antinquinamento. Magari, essendo neopatentato, non potrei neppure guidarla a causa del rapporto tra peso e potenza. Ma non ho intenzione di imparare a guidarne un'altra.
E ormai, viaggiando ogni tanto da trasportato, mi rendo conto che ho una gran paura del traffico, e che l'automobile non fa più per me.
Ho seguito le vicende degli altri malcapitati del forum, ho gioito leggendo delle rare assoluzioni, e sofferto assieme ai tanti pesantemente sanzionati.
Ora scrivo questo messaggio per comunicarvi che, disgraziatamente, anche mia moglie è incappata nelle strette maglie del 186 CdS, con un misero 1,24.
Quindi ci troviamo nella curiosa situazione di una famiglia completamente appiedata, fatta salva una bici elettrica che però ormai non funziona granchè.
Soffro con lei, guidare le piaceva molto, ma temo di non poterle essere di grande aiuto, anche perché il quadro è sempre più complesso.
Messa alla prova? LSU? Accettazione del DP? Ricorso? Quale avvocato? Il combattivo che ricorre fino all'esaurimento delle risorse (nostre) o il mansueto che cerca i riti alternativi? Quanta sospensione cautelare prefettizia? Ricorrere al GdP sì o no? Ho seguito queste vicende sin dall'inizio, e sono solo sempre più confuso.
Quel che è certo è che la giustizia italiana si accanisce contro una famiglia di cittadini onesti, che non hanno mai fatto nessun danno a nessuno, che hanno sempre lavorato senza tregua, che hanno cresciuto dei figli, contribuito grandemente al bene comune, e che pensavano di poter godere di una gita domenicale in automobile con i propri bambini, magari anche con una sosta in trattoria.
Invece ciò ci è negato, a me praticamente per sempre, a mia moglie almeno per un annetto, che è forse l'ultimo nel quale poter pensare di trascorrere una giornata tutti insieme sulle nostre colline, dato che tra poco il figlio grande, giustamente, reclamerà la propria autonomia.
L'unica iniziativa che mi pare percorribile è quella della disobbedienza civile. Ridurre al massimo la contribuzione allo stato che ci perseguita, anzitutto rinunciando all'auto, e , per chi ha il vizio, rinunciando al fumo, grandi fonti di finanziamento statale. Anche all'alcool, ahimé. Ricercare tutte le esenzioni possibili, dai ticket sanitari alle mense scolastiche. Usufruire di tutte le prestazioni sanitarie gratuite. Ridurre il consumo di gas ed elettricità, ricorrendo a fonti alternative. Approfittare dei mezzi pubblici sovvenzionati, viaggiando ad esempio sui regionali (pagati al 50% dalle regioni) piuttosto che sullle Frecce. Certificare ogni invalidità, ricorrere a tutte le agevolazioni possibili, dalla 104 alla disoccupazione. Tutte le vacanze all'estero. Evitare l'acquisto di ogni prodotto italiano. Ed ogni altra cosa che possa venire in mente per restituire una parte delle sofferenze a chi ce le ha fatte subire. Che sono poi i nostri concittadini, sempre pronti ad evocare la forca, e coloro da questi delegati a propinare sproporzionate sanzioni.
Tra poco arriverà l'agognata pensione, e, con essa, l'emigrazione verso un Paese più accogliente, dal quale assisteremo volentieri al disfacimento della nazione che ci ha perseguitato. Sarà la nostra rivincita.