Avv. G. Lore
14-12-2011, 14:24
Vi è responsabilità della Pubblica Amministrazione per i danni subiti dal contribuente a causa della notifica di atti impositivi illegittimi.
Da tale comportamento ne deriva che la stessa è tenuta al risarcimento del danno, coincidente con i costi sostenuti al fine dell’annullamento dell’atto stesso.
Così i giudici della Suprema Corte di Cassazione, nella sezione prima civile, hanno precisato con la sentenza 24 ottobre 2011, n. 21963.
La vicenda
Un contribuente aveva ricevuto un avviso di accertamento di imposta da parte dell’Agenzia delle Entrate; poiché riteneva illegittimo tale atto, si rivolgeva al proprio commercialista.
In seguito alle contestazioni esposte, in via di autotutela, ne derivava l’annullamento dell’avviso; a tal punto il contribuente si rivolgeva al giudice allo scopo di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali subiti (ossia, come visto, le spese sostenute per far annullare l’atto).
In giudizio l’Agenzia delle Entrate veniva condannata al pagamento della somma richiesta dal contribuente.
Da qui il ricorso in Cassazione dell’ufficio locale.
L’Agenzia nel proprio ricorso esponeva due motivi di gravame, e nello specifico, con il secondo, lamentava la violazione/falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c., deducendo che “il giudice del merito, ritenendo la Agenzia responsabile di colpevole ritardo nell’emettere il provvedimento di annullamento in autotutela dell’atto impositivo, aveva omesso di considerare la mancanza nella specie dell’elemento dell’ingiustizia del danno, giacché l’annullamento in autotutela non si configura come obbligo bensì come mera facoltà dell’Amministrazione, sì che il privato non è titolare di alcuna posizione soggettiva giuridicamente qualificata al ritiro dell’atto impositivo, ancorché illegittimo, specie a fronte dell’inerzia, da parte sua, nell’attivazione degli strumenti di tutela accordatagli dalla legge”.
Proprio su tale secondo motivo esposto nel ricorso, ad avviso del collegio di legittimità, la doglianza espressa dall’ufficio non ha colto la ratio decidendi nel provvedimento impugnato, che non ha collegato la responsabilità dell'Agenzia al ritardo nella rimozione dell’atto impositivo, bensì alla emissione di tale atto illegittimo, da cui ne è conseguito l’accertato danno.
In sostanza, la Corte ha rigettato il ricorso dell’agenzia confermando il risarcimento stabilito dal giudice di pace, in favore del ricorrente, costretto a difendersi con il ricorso ad un professionista (al quale, ovviamente, aveva dovuto riconoscere un equo compenso per l’attività professionale svolta).
Presupposto del risarcimento del danno non è, tanto, il ritardo nell’annullamento dell’atto impositivo, quanto nella illegittimità dello stesso che ha cagionato, di conseguenza, un danno al contribuente.
La responsabilità della Agenzia deve, quindi, essere ravvisata nella notifica di un atto impositivo ingiustificato.
Da tale comportamento ne deriva che la stessa è tenuta al risarcimento del danno, coincidente con i costi sostenuti al fine dell’annullamento dell’atto stesso.
Così i giudici della Suprema Corte di Cassazione, nella sezione prima civile, hanno precisato con la sentenza 24 ottobre 2011, n. 21963.
La vicenda
Un contribuente aveva ricevuto un avviso di accertamento di imposta da parte dell’Agenzia delle Entrate; poiché riteneva illegittimo tale atto, si rivolgeva al proprio commercialista.
In seguito alle contestazioni esposte, in via di autotutela, ne derivava l’annullamento dell’avviso; a tal punto il contribuente si rivolgeva al giudice allo scopo di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali subiti (ossia, come visto, le spese sostenute per far annullare l’atto).
In giudizio l’Agenzia delle Entrate veniva condannata al pagamento della somma richiesta dal contribuente.
Da qui il ricorso in Cassazione dell’ufficio locale.
L’Agenzia nel proprio ricorso esponeva due motivi di gravame, e nello specifico, con il secondo, lamentava la violazione/falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c., deducendo che “il giudice del merito, ritenendo la Agenzia responsabile di colpevole ritardo nell’emettere il provvedimento di annullamento in autotutela dell’atto impositivo, aveva omesso di considerare la mancanza nella specie dell’elemento dell’ingiustizia del danno, giacché l’annullamento in autotutela non si configura come obbligo bensì come mera facoltà dell’Amministrazione, sì che il privato non è titolare di alcuna posizione soggettiva giuridicamente qualificata al ritiro dell’atto impositivo, ancorché illegittimo, specie a fronte dell’inerzia, da parte sua, nell’attivazione degli strumenti di tutela accordatagli dalla legge”.
Proprio su tale secondo motivo esposto nel ricorso, ad avviso del collegio di legittimità, la doglianza espressa dall’ufficio non ha colto la ratio decidendi nel provvedimento impugnato, che non ha collegato la responsabilità dell'Agenzia al ritardo nella rimozione dell’atto impositivo, bensì alla emissione di tale atto illegittimo, da cui ne è conseguito l’accertato danno.
In sostanza, la Corte ha rigettato il ricorso dell’agenzia confermando il risarcimento stabilito dal giudice di pace, in favore del ricorrente, costretto a difendersi con il ricorso ad un professionista (al quale, ovviamente, aveva dovuto riconoscere un equo compenso per l’attività professionale svolta).
Presupposto del risarcimento del danno non è, tanto, il ritardo nell’annullamento dell’atto impositivo, quanto nella illegittimità dello stesso che ha cagionato, di conseguenza, un danno al contribuente.
La responsabilità della Agenzia deve, quindi, essere ravvisata nella notifica di un atto impositivo ingiustificato.