Avv. Ribbeni
29-04-2011, 00:19
La presente per evidenziare - nel panorama tanto contraddittorio del 126 bis CdS - la sentenza emessa dal Tribunale di Rovigo in data 19.10.2010. Seppur non tanto recente, secondo chi scrive tale pronuncia è pienamente condivisibile e meritevole di seguito...
“Pur consapevoli della funzione nomofilachica esercitata dalla Corte di Cassazione, rilevato come non vi sia un filone giurisprudenziale consolidato (la sentenza n. 19908 del 15 settembre 2009 riguarda solo l’accertamento del profilo colposo) né si siano pronunciate le Sezioni Unite, si ritiene di poter dare una difforme ricostruzione dogmatico - normativa.
In primis deve essere valorizzato il dato testuale - letterale: il comma secondo dell'art. 126 bis del d.lgs. 285/1992 prevede che per la comunicazione all’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida della violazione principale, comportante la perdita di punti della patente, si debba attendere trenta giorni dalla definizione della contestazione, ovvero dallo spirare dei termini di impugnazione o dall’esaurimento dei rimedi giurisdizionali; la norma prosegue imponendo al proprietario di comunicare entro sessanta giorni dalla notificazione del verbale i dati del conducente asserito trasgressore.
Orbene, se il legislatore avesse voluto sistematicamente individuare due illeciti autonomi, totalmente scissi l’uno dall’altro, non avrebbe previsto le fattispecie nel medesimo comma dello stesso articolo.
La consequenzialità lessicale è indice di una consequenzialità logico - giuridica.
In secundis, sul piano tecnico - dogmatico, non paiono esservi dubbi sul fatto che la segnalazione dei dati del conducente sia funzionale alla irrogazione della sanzione principale con decurtazione di punti, posto che diversamente la condotta omissiva non avrebbe alcuna ragione giuridica d’essere.
Ne consegue che affermare che non vi sia alcuna dipendenza giuridica tra la violazione principale e quella omissiva teleologicamente funzionale alla sua irrogazione è un nonsense.
In altri termini si sanziona il proprietario che non comunichi i dati del conducente proprio perché in tal modo non è consentito detrarre i punti della patente al trasgressore.
D’altronde è la stessa Corte di Cassazione a utilizzare la locuzione "illecito presupposto": se l’uno è il presupposto giuridico dell’altro appare strutturalmente incompatibile dire che non vi sia anche interdipendenza sanzionatoria ovvero che un illecito è accessorio all'altro.
In tertiis, la ratio normativa sarebbe del tutto frustrata se si punisse la condotta omissiva in difetto di sussistenza dell'illecito presupposto.
Non è chiaro, infatti, quale finalità si voglia perseguire nel sanzionare il proprietario per non aver segnalato il nome del conducente, qualora sia giudizialmente accertato che non è stata commessa la violazione imputatagli.
La configurazione in termini di illecito di pericolo fornita dalla Suprema Corte non modifica, ma rafforza quanto affermato: se di pericolo si tratta, allora sarà evidente che tale pericolo sarà accertato solo con la definizione delle contestazioni sulla sanzione principale, posto che l’insussistenza dell’illecito presupposto determinerebbe un’assenza di pericolo.
Si rammenta, peraltro, che la fattispecie in esame si struttura quale pericolo del pericolo - poiché la sanzione principale, con decurtazione dei punti, mira a prevenire il pericolo di eventi lesivi dell'incolumità individuale e collettiva, e quella accessoria mira a scongiurare il pericolo di non sanzionare l’autore della violazione di pericolo - sicché già si colloca quale anticipazione massima della soglia di punibilità che l'ordinamento ha predisposto in termini di offensività.
Una lettura normativa che prescindesse anche dall’esistenza della violazione principale come ipotizza la Corte di Cassazione configurerebbe non un illecito omissivo di pericolo, bensì un illecito di mera disobbedienza.
Una lettura costituzionalmente orientata deve allora conformarsi all’idea che se la collaborazione è imposta dalla legge, questa non può prescindere dall'esistenza e punibilità della violazione principale, così che il termine per la comunicazione dei dati del trasgressore deve decorrere dalla definitività della contestazione.
Posto che la segnalazione per la decurtazione dei punti può essere effettuata solo al momento della definizione della contestazione, prima di tale momento non vi sarebbe alcuna concreta esigenza repressiva.
In senso conforme alla lettura della disposizione data si richiama la sentenza n. 27/2005 della Corte Costituzionale, la quale ha incidentalmente affermato che "in nessun caso il proprietario è tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l’annullamento del verbale di contestazione dell'infrazione" dovendosi intendere "definita" la contestazione "quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativa e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi".
“Pur consapevoli della funzione nomofilachica esercitata dalla Corte di Cassazione, rilevato come non vi sia un filone giurisprudenziale consolidato (la sentenza n. 19908 del 15 settembre 2009 riguarda solo l’accertamento del profilo colposo) né si siano pronunciate le Sezioni Unite, si ritiene di poter dare una difforme ricostruzione dogmatico - normativa.
In primis deve essere valorizzato il dato testuale - letterale: il comma secondo dell'art. 126 bis del d.lgs. 285/1992 prevede che per la comunicazione all’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida della violazione principale, comportante la perdita di punti della patente, si debba attendere trenta giorni dalla definizione della contestazione, ovvero dallo spirare dei termini di impugnazione o dall’esaurimento dei rimedi giurisdizionali; la norma prosegue imponendo al proprietario di comunicare entro sessanta giorni dalla notificazione del verbale i dati del conducente asserito trasgressore.
Orbene, se il legislatore avesse voluto sistematicamente individuare due illeciti autonomi, totalmente scissi l’uno dall’altro, non avrebbe previsto le fattispecie nel medesimo comma dello stesso articolo.
La consequenzialità lessicale è indice di una consequenzialità logico - giuridica.
In secundis, sul piano tecnico - dogmatico, non paiono esservi dubbi sul fatto che la segnalazione dei dati del conducente sia funzionale alla irrogazione della sanzione principale con decurtazione di punti, posto che diversamente la condotta omissiva non avrebbe alcuna ragione giuridica d’essere.
Ne consegue che affermare che non vi sia alcuna dipendenza giuridica tra la violazione principale e quella omissiva teleologicamente funzionale alla sua irrogazione è un nonsense.
In altri termini si sanziona il proprietario che non comunichi i dati del conducente proprio perché in tal modo non è consentito detrarre i punti della patente al trasgressore.
D’altronde è la stessa Corte di Cassazione a utilizzare la locuzione "illecito presupposto": se l’uno è il presupposto giuridico dell’altro appare strutturalmente incompatibile dire che non vi sia anche interdipendenza sanzionatoria ovvero che un illecito è accessorio all'altro.
In tertiis, la ratio normativa sarebbe del tutto frustrata se si punisse la condotta omissiva in difetto di sussistenza dell'illecito presupposto.
Non è chiaro, infatti, quale finalità si voglia perseguire nel sanzionare il proprietario per non aver segnalato il nome del conducente, qualora sia giudizialmente accertato che non è stata commessa la violazione imputatagli.
La configurazione in termini di illecito di pericolo fornita dalla Suprema Corte non modifica, ma rafforza quanto affermato: se di pericolo si tratta, allora sarà evidente che tale pericolo sarà accertato solo con la definizione delle contestazioni sulla sanzione principale, posto che l’insussistenza dell’illecito presupposto determinerebbe un’assenza di pericolo.
Si rammenta, peraltro, che la fattispecie in esame si struttura quale pericolo del pericolo - poiché la sanzione principale, con decurtazione dei punti, mira a prevenire il pericolo di eventi lesivi dell'incolumità individuale e collettiva, e quella accessoria mira a scongiurare il pericolo di non sanzionare l’autore della violazione di pericolo - sicché già si colloca quale anticipazione massima della soglia di punibilità che l'ordinamento ha predisposto in termini di offensività.
Una lettura normativa che prescindesse anche dall’esistenza della violazione principale come ipotizza la Corte di Cassazione configurerebbe non un illecito omissivo di pericolo, bensì un illecito di mera disobbedienza.
Una lettura costituzionalmente orientata deve allora conformarsi all’idea che se la collaborazione è imposta dalla legge, questa non può prescindere dall'esistenza e punibilità della violazione principale, così che il termine per la comunicazione dei dati del trasgressore deve decorrere dalla definitività della contestazione.
Posto che la segnalazione per la decurtazione dei punti può essere effettuata solo al momento della definizione della contestazione, prima di tale momento non vi sarebbe alcuna concreta esigenza repressiva.
In senso conforme alla lettura della disposizione data si richiama la sentenza n. 27/2005 della Corte Costituzionale, la quale ha incidentalmente affermato che "in nessun caso il proprietario è tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l’annullamento del verbale di contestazione dell'infrazione" dovendosi intendere "definita" la contestazione "quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativa e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi".