Avv. G. Lore
03-03-2011, 15:50
Se gli impianti per il controllo automatico delle infrazioni semaforiche (c.d. T-Red) sono stati regolarmente omologati dal Ministero dei trasporti, possono essere riabilitati. E’ quanto ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza 11 febbraio 2011, n. 5317.
Come emerso anche dalle pagine dei quotidiani, l’accusa che si muoveva agli accertamenti effettuati mediante tali particolari meccanismi era quella di frode in pubbliche forniture (art. 356 c.p.), in quanto si postulava, come emerge dalla sentenza “che i frequenti errori compiuti dai T-Red fossero dovuti ad un vizio della scheda relè preposta alla trasmissione del segnale semaforico alle telecamere di ripresa e che la frode fosse stata perpetrata nell’omettere di sottoporre il relè al controllo degli organi tecnici del Ministero dei Trasporti”.
I dubbi muovevano dall’assunto secondo il quale tali impianti fossero stati congegnati per regolare in maniera fraudolenta i tempi dei semafori, sebbene tale finalità non fosse propria del T-Red.
Per integrare il reato di cui all'art. 356 c.p., come evidenziato dagli ermellini, non è sufficiente il semplice inadempimento del contratto, ma occorre un quid pluris rappresentato dalla malafede contrattuale e, dunque, la presenza di un espediente malizioso o di un inganno tali da fare apparire l'esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti.
Il delitto nella fattispecie addebitato individua per l'appunto la commissione della frode nella fornitura di aliud pro alio, sull'assunto che gli apparecchi T-red fossero muniti soltanto in apparenza dell'approvazione ministeriale, atteso che il produttore l'avrebbe ottenuta con l'inganno, omettendo deliberatamente di sottoporre all'esame degli organi tecnici del Ministero un componente fondamentale dell'apparecchiatura, che era la causa dei malfunzionamenti riscontrati.
Secondo l’opinione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici la procedura di omologazione adottata “è da ritenersi corretta, in quanto la stessa è riferita ad un prototipo che è coincidente con l’apparecchiatura nella sua configurazione invariante e che concentra le funzioni essenziali escludendo gli adattamenti verso l’esterno”.
Il giudice nomofilattico elimina ogni dubbio al riguardo affermando che la scheda relè “costituendo una delle possibili modalità di collegamento dell’apparecchio al semaforo, rappresentava un elemento accessorio che non occorreva sottoporre a controllo per l’approvazione. Il mancato controllo della scheda non fu dunque dovuto né a frode né ad errore, ma alla ragionata convinzione dell'autorità amministrativa che l'accertamento tecnico destinato a verificare la bontà degli apparecchi in questione dovesse riguardare il dispositivo "nella sua configurazione invariante", con esclusione dei relativi accessori”.
Come emerso anche dalle pagine dei quotidiani, l’accusa che si muoveva agli accertamenti effettuati mediante tali particolari meccanismi era quella di frode in pubbliche forniture (art. 356 c.p.), in quanto si postulava, come emerge dalla sentenza “che i frequenti errori compiuti dai T-Red fossero dovuti ad un vizio della scheda relè preposta alla trasmissione del segnale semaforico alle telecamere di ripresa e che la frode fosse stata perpetrata nell’omettere di sottoporre il relè al controllo degli organi tecnici del Ministero dei Trasporti”.
I dubbi muovevano dall’assunto secondo il quale tali impianti fossero stati congegnati per regolare in maniera fraudolenta i tempi dei semafori, sebbene tale finalità non fosse propria del T-Red.
Per integrare il reato di cui all'art. 356 c.p., come evidenziato dagli ermellini, non è sufficiente il semplice inadempimento del contratto, ma occorre un quid pluris rappresentato dalla malafede contrattuale e, dunque, la presenza di un espediente malizioso o di un inganno tali da fare apparire l'esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti.
Il delitto nella fattispecie addebitato individua per l'appunto la commissione della frode nella fornitura di aliud pro alio, sull'assunto che gli apparecchi T-red fossero muniti soltanto in apparenza dell'approvazione ministeriale, atteso che il produttore l'avrebbe ottenuta con l'inganno, omettendo deliberatamente di sottoporre all'esame degli organi tecnici del Ministero un componente fondamentale dell'apparecchiatura, che era la causa dei malfunzionamenti riscontrati.
Secondo l’opinione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici la procedura di omologazione adottata “è da ritenersi corretta, in quanto la stessa è riferita ad un prototipo che è coincidente con l’apparecchiatura nella sua configurazione invariante e che concentra le funzioni essenziali escludendo gli adattamenti verso l’esterno”.
Il giudice nomofilattico elimina ogni dubbio al riguardo affermando che la scheda relè “costituendo una delle possibili modalità di collegamento dell’apparecchio al semaforo, rappresentava un elemento accessorio che non occorreva sottoporre a controllo per l’approvazione. Il mancato controllo della scheda non fu dunque dovuto né a frode né ad errore, ma alla ragionata convinzione dell'autorità amministrativa che l'accertamento tecnico destinato a verificare la bontà degli apparecchi in questione dovesse riguardare il dispositivo "nella sua configurazione invariante", con esclusione dei relativi accessori”.