Avv. G. Lore
12-07-2010, 11:11
Deve dichiararsi la illegittimità del sequestro di un’auto alla cui guida è stato sorpreso, in stato di ebbrezza ex art. 186, comma 2, lett. c) del C.d.S., un rappresentante legale di una società proprietaria del veicolo medesimo.
Questa è la statuizione della Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza 26 maggio 2010, n. 20093 con la quale gli ermellini, a poco più di due mesi da un’altra pronuncia – la n. 10688 del 18.03.2010[1] – tornano ad occuparsi della guida in stato di ebbrezza e del conseguente sequestro prodromico alla confisca del veicolo utilizzato.
La vicenda interessa un imputato il quale, sorpreso a guidare in stato di ebbrezza una autovettura di proprietà della società di cui egli stesso è rappresentante legale, presenta appello avverso la pronuncia del G.I.P. con cui viene convalidato il sequestro del mezzo.
Il Tribunale della Libertà rigetta il gravame e l’imputato ricorre in Cassazione asserendo come il rapporto di rappresentanza organica sussistente tra lo stesso e la società deve considerarsi interrotto dalla sua condotta illegale, sicché deve escludersi la confisca qualora il veicolo appartenga a persona estranea al reato per cui si procede.
Orbene, la Suprema Corte, con un’inversione di tendenza, dichiara la fondatezza del ricorso e annulla il decreto di sequestro preventivo.
Le motivazioni addotte dalla Cassazione muovono da un’argomentazione contraria rispetto a quella operata dall’ordinanza impugnata. Invero, secondo quanto sostenuto dal Tribunale della Libertà, sebbene la società sia sfornita di capacità penale, un’eventuale condotta illecita posta in essere dai suoi organi rappresentativi farà ricadere sugli stessi la responsabilità penale, mentre le conseguenze patrimoniali saranno a carico dell’ente.
Tuttavia, i giudici di legittimità - dopo aver ricordato che la confisca del veicolo nel procedimento penale ex art. 186, comma 2, lett. c) C.d.S. debba escludersi nei confronti di persona estranea al reato - ritengono come la particolare natura afflittiva della confisca, intesa come sanzione penale accessoria, “impone di applicare nella materia i principi dell’ordinamento penale ed in particolare quello di legalità e quello di personalità della responsabilità penale”.
Conseguenza di tale assunto è che la sanzione non può incidere su soggetti diversi dall’autore del reato, per cui l’assenza di tutti i presupposti sostanziali e processuali previsti dalla legge impedisce di configurare, in capo all’ente, alcuna responsabilità per quelle condotte illecite dei soggetti che vi operino all’interno.
Questa è la statuizione della Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza 26 maggio 2010, n. 20093 con la quale gli ermellini, a poco più di due mesi da un’altra pronuncia – la n. 10688 del 18.03.2010[1] – tornano ad occuparsi della guida in stato di ebbrezza e del conseguente sequestro prodromico alla confisca del veicolo utilizzato.
La vicenda interessa un imputato il quale, sorpreso a guidare in stato di ebbrezza una autovettura di proprietà della società di cui egli stesso è rappresentante legale, presenta appello avverso la pronuncia del G.I.P. con cui viene convalidato il sequestro del mezzo.
Il Tribunale della Libertà rigetta il gravame e l’imputato ricorre in Cassazione asserendo come il rapporto di rappresentanza organica sussistente tra lo stesso e la società deve considerarsi interrotto dalla sua condotta illegale, sicché deve escludersi la confisca qualora il veicolo appartenga a persona estranea al reato per cui si procede.
Orbene, la Suprema Corte, con un’inversione di tendenza, dichiara la fondatezza del ricorso e annulla il decreto di sequestro preventivo.
Le motivazioni addotte dalla Cassazione muovono da un’argomentazione contraria rispetto a quella operata dall’ordinanza impugnata. Invero, secondo quanto sostenuto dal Tribunale della Libertà, sebbene la società sia sfornita di capacità penale, un’eventuale condotta illecita posta in essere dai suoi organi rappresentativi farà ricadere sugli stessi la responsabilità penale, mentre le conseguenze patrimoniali saranno a carico dell’ente.
Tuttavia, i giudici di legittimità - dopo aver ricordato che la confisca del veicolo nel procedimento penale ex art. 186, comma 2, lett. c) C.d.S. debba escludersi nei confronti di persona estranea al reato - ritengono come la particolare natura afflittiva della confisca, intesa come sanzione penale accessoria, “impone di applicare nella materia i principi dell’ordinamento penale ed in particolare quello di legalità e quello di personalità della responsabilità penale”.
Conseguenza di tale assunto è che la sanzione non può incidere su soggetti diversi dall’autore del reato, per cui l’assenza di tutti i presupposti sostanziali e processuali previsti dalla legge impedisce di configurare, in capo all’ente, alcuna responsabilità per quelle condotte illecite dei soggetti che vi operino all’interno.