Avv. G. Lore
29-10-2014, 08:35
Fonte Altalex.it
Con la sentenza n. 226/14, la C.T.P. di La Spezia - in materia di “cause di non punibilità” delle sanzioni tributarie (art. 6, D.Lgs. n. 472/97) - ha statuito che, laddove non sia stata trasmessa la Dichiarazione Unico nei termini previsti dalla legge, le relative sanzioni irrogate a carico del contribuente sono illegittime, se tale circostanza (omissione della dichiarazione fiscale) sia imputabile unicamente ad un errore del commercialista.
I fatti del processo
Il contenzioso in parola traeva origine da un accertamento induttivo, art. 39, comma 2, D.P.R. n. 600/73, ai fini Ires, Irap ed Iva, notificato dall’Agenzia delle Entrate, in quanto il contribuente non aveva presentato la relativa Dichiarazione fiscale per l’anno di imposta 2006.
Il ricorrente, nella propria tesi difensiva, sosteneva che l’omessa trasmissione dell’Unico 2007 (riferito al 2006) fosse addebitabile esclusivamente al proprio professionista di fiducia, il quale non aveva ottemperato al citato incombente tributario; in definitiva, il contribuente chiedeva: 1) in via principale, la rettifica (in diminuzione) del volume di affari imputato dall’Amministrazione finanziaria per l’anno accertato e 2) in via subordinata, la disapplicazione delle sanzioni (pari ad €. 33.323,40) irrogate a suo carico ai sensi dell’art. 6, D.Lgs. n. 472/97.
La decisione dei giudici
Orbene, con una motivazione particolarmente succinta, i giudici di primo grado hanno dunque accolto la domanda di disapplicazione delle sanzioni amministrative irrogate al contribuente, poiché quest’ultimo – nelle more del giudizio – aveva dimostrato: a) la sussistenza del rapporto professionale con il commercialista (il suo nominativo era presente nel “cassetto fiscale” dell’A.F., in qualità di “depositario delle scritture contabili”), b) il pagamento della fattura avente ad oggetto proprio "la presentazione della dichiarazione Unico 2007” e c) l’instaurazione della causa civile per risarcimento del danno nei confronti del consulente.
L’orientamento espresso dalla citata C.T.P. - pur non richiamando esplicitamente la casistica giurisprudenziale[1] sul tema, favorevole alle istanze del contribuente - ha confermato la piena operatività dell’art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 472/97 (“cause di non punibilità”): “il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi” e, di conseguenza, ha accertato l’illegittimità delle sanzioni irrogate.
In particolare, nella pronuncia in commento, il contribuente - al fine di avvalorare la propria tesi difensiva sulla “iniquità” delle sanzioni irrogate - aveva instaurato contro il proprio “ex” professionista, non solo una causa civile per risarcimento dei danni patrimoniali subiti, ma anche un processo penale, depositando – nelle sedi competenti – la relativa denuncia (prodotta in giudizio).
Ebbene, il ricorrente aveva ulteriormente chiesto - in sede giudiziale – l’annullamento sia delle sanzioni, che della pretesa erariale (ai fini delle imposte attribuite), argomentando invero che la situazione cristallizzata nell’avviso di accertamento era completamente addebitabile al consulente (sotto il profilo “oggettivamente” tributario, che in ordine a quello sanzionatorio), citando a tal fine la sentenza n. 126/12 della C.T.R. della Lombardia. Tuttavia i giudici, sul punto di parola, non si sono pronunciati.
Con la sentenza n. 226/14, la C.T.P. di La Spezia - in materia di “cause di non punibilità” delle sanzioni tributarie (art. 6, D.Lgs. n. 472/97) - ha statuito che, laddove non sia stata trasmessa la Dichiarazione Unico nei termini previsti dalla legge, le relative sanzioni irrogate a carico del contribuente sono illegittime, se tale circostanza (omissione della dichiarazione fiscale) sia imputabile unicamente ad un errore del commercialista.
I fatti del processo
Il contenzioso in parola traeva origine da un accertamento induttivo, art. 39, comma 2, D.P.R. n. 600/73, ai fini Ires, Irap ed Iva, notificato dall’Agenzia delle Entrate, in quanto il contribuente non aveva presentato la relativa Dichiarazione fiscale per l’anno di imposta 2006.
Il ricorrente, nella propria tesi difensiva, sosteneva che l’omessa trasmissione dell’Unico 2007 (riferito al 2006) fosse addebitabile esclusivamente al proprio professionista di fiducia, il quale non aveva ottemperato al citato incombente tributario; in definitiva, il contribuente chiedeva: 1) in via principale, la rettifica (in diminuzione) del volume di affari imputato dall’Amministrazione finanziaria per l’anno accertato e 2) in via subordinata, la disapplicazione delle sanzioni (pari ad €. 33.323,40) irrogate a suo carico ai sensi dell’art. 6, D.Lgs. n. 472/97.
La decisione dei giudici
Orbene, con una motivazione particolarmente succinta, i giudici di primo grado hanno dunque accolto la domanda di disapplicazione delle sanzioni amministrative irrogate al contribuente, poiché quest’ultimo – nelle more del giudizio – aveva dimostrato: a) la sussistenza del rapporto professionale con il commercialista (il suo nominativo era presente nel “cassetto fiscale” dell’A.F., in qualità di “depositario delle scritture contabili”), b) il pagamento della fattura avente ad oggetto proprio "la presentazione della dichiarazione Unico 2007” e c) l’instaurazione della causa civile per risarcimento del danno nei confronti del consulente.
L’orientamento espresso dalla citata C.T.P. - pur non richiamando esplicitamente la casistica giurisprudenziale[1] sul tema, favorevole alle istanze del contribuente - ha confermato la piena operatività dell’art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 472/97 (“cause di non punibilità”): “il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi” e, di conseguenza, ha accertato l’illegittimità delle sanzioni irrogate.
In particolare, nella pronuncia in commento, il contribuente - al fine di avvalorare la propria tesi difensiva sulla “iniquità” delle sanzioni irrogate - aveva instaurato contro il proprio “ex” professionista, non solo una causa civile per risarcimento dei danni patrimoniali subiti, ma anche un processo penale, depositando – nelle sedi competenti – la relativa denuncia (prodotta in giudizio).
Ebbene, il ricorrente aveva ulteriormente chiesto - in sede giudiziale – l’annullamento sia delle sanzioni, che della pretesa erariale (ai fini delle imposte attribuite), argomentando invero che la situazione cristallizzata nell’avviso di accertamento era completamente addebitabile al consulente (sotto il profilo “oggettivamente” tributario, che in ordine a quello sanzionatorio), citando a tal fine la sentenza n. 126/12 della C.T.R. della Lombardia. Tuttavia i giudici, sul punto di parola, non si sono pronunciati.