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Visualizza Versione Completa : Cassazione civile , SS.UU., sentenza 05.05.2014 n° 9568



Avv. G. Lore
28-08-2014, 15:38
Fonte Altalex.com


L'opposizione avverso il fermo amministrativo di un veicolo e del relativo preavviso ex art. 86 del dpr n. 602/1973, come interpretato dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 25 quinquies, convertito con Legge n. 248/2006, resta, per principio generale, attribuito al Giudice tributario salvo il caso eccettuato che l'ente impositore abbia formalmente riconosciuto il diritto allo sgravio, dovendo, in tal caso, riconoscersi la giurisdizione del giudice ordinario, non riguardando, in tal caso, più la controversia una questione tributaria, bensì un mero indebito oggettivo di diritto comune”.

Questo è il principio affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, Sez. Un., nella sentenza 5 maggio 2014, n. 9568.

La vicenda trae origine dall’impugnazione, da parte di un cittadino, del preavviso di fermo amministrativo dell'autovettura. Egli deduceva l'inesistenza del titolo poiché aveva ricevuto una cartella esattoriale in qualità di erede anziché in qualità di curatore dell’eredità giacente. Detto errore veniva tempestivamente segnalato alla competente Agenzia delle Entrate che ne prendeva atto.

Dunque, secondo il ricorrente la presa d’atto dell’errore da parte dell’Agenzia delle Entrate determinava il venir meno della pretesa tributaria e, conseguentemente, l’inesistenza titolo impugnato.

Al contrario, l'adito Giudice di Pace dichiarava il difetto di giurisdizione, in quanto l’atto impugnato afferiva ad un credito IRPEF impugnabile innanzi al Giudice tributario. Le sentenza veniva successivamente appellata, ed il Tribunale di Pescara confermava la decisione di prime cure.

La questione veniva successivamente sottoposta al vaglio dei supremi giudici di legittimità.

La Corte, nella propria decisione, parte dal presupposto che nel caso di specie la P.A. non aveva effettuato alcun riconoscimento formale dell'inesistenza del credito e, neppure, aveva disposto alcuno sgravio della somma pretesa. Peraltro, l’ente riscossore non aveva mai rinunciato alla pretesa fiscale, continuando a pretendere il soddisfacimento del credito nei confronti del ricorrente non già in qualità di erede, bensì nella veste di curatore dell'eredità giacente.

Sulla base di queste premesse la suprema Corte Cassazione afferma il principio secondo il quale “l'opposizione avverso il fermo amministrativo è attribuito al Giudice tributario, salvo il caso in cui l'ente impositore abbia formalmente riconosciuto il diritto allo sgravio. In tal caso la giurisdizione spetta al Giudice ordinario poiché la controversia non riguarda più una questione tributaria, bensì un mero indebito oggettivo di diritto comune”.

In ordine alla correttezza delle argomentazioni difensive addotte dal ricorrente, la suprema Corte coglie un macroscopico errore costituito dall’omessa confutazione dei fatti poc’anzi narrati e della relativa soluzione giuridica, che costituiscono il tessuto argomentativo e la ratio su cui si fonda l'impugnata sentenza.

Infatti, il ricorrente si è limitato a dedurre la mancata valorizzazione della circostanza che tanto l'ente impositore come pure la concessionaria, avevano riconosciuto "l'erroneità e la non riferibilità della cartella esattoriale".

Secondo i Giudici detta argomentazione è inidonea - in sede di ricorso per cassazione - a sostenere il vizio di motivazione, poiché tende ad ottenere una decisione contraria sulla base dei medesimi elementi già esaminati e diversamente valutati dai giudici di merito. Al contrario, “la parte ha l'onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto detto ricorso deve risultare autosufficiente e, segnatamente per potersi configurare il vizio di motivazione è necessaria non solo la puntuale indicazione dei fatti controversi rilevanti e del successivo momento di sintesi (Cass. SS.UU. n. 16528/2008, n. 254117/2008), ma pure un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza (Cass. n. 9368/2006, n. 21249/2006, n. 1014/2006, n. 22979/2004)