Avv. G. Lore
16-04-2013, 11:23
Con sentenza 6-3 marzo 2013, n. 2660 il Tar Lazio ha accolto il ricorso ex art. 116 c.p.a. proposto da un contribuente avverso il silenzio rifiuto di Equitalia Sud Spa formatosi su un’istanza di accesso agli atti.
Nello specifico, il ricorrente attraverso l’istanza de quo aveva richiesto di poter prendere visione ed estrarre copia di tutta una serie di documenti e, in particolar modo:
•degli atti e dei documenti sottesi ad un’avvenuta iscrizione ipotecaria su di un immobile di sua proprietà;
•degli atti e dei documenti dai quali poter evincere i nomi dei responsabili del o dei procedimenti sottesi a detta iscrizione.
Tale documentazione si rendeva necessaria per il contribuente al fine di poter esercitare il suo diritto di difesa, sia relativamente alla legittimità dell’iscrizione ipotecaria, sia con riferimento ad un processo penale pendente in fase di appello nei confronti del funzionario responsabile della cartella, sia infine per la richiesta di risarcimento del danno ex art. 30 c.p.a. per responsabilità del legittimo esercizio dell’attività amministrativa.
A seguito del silenzio rifiuto e all’impugnazione dello stesso innanzi ai giudici amministrativi, il Tar Lazio correttamente ha accolto il ricorso del contribuente sottolineando in particolare come <<la giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito che, ai sensi dell’art. 22 L. n. 241/90, il soggetto che detiene la documentazione oggetto di istanza di ostensione non deve delibare la fondatezza della pretesa sostanziale per la quale occorrono tali atti o sindacare sulla utilità effettiva di questi, in quanto il diritto d’accesso è conformato dalla legge per offrire al titolare, più che utilità finali (caratteristica, questa, ormai riconoscibile non solo ai diritti soggettivi, ma anche agli interessi legittimi), poteri autonomi di natura procedimentale volti ad implementare la tutela di un interesse (o bisogno) giuridicamente rilevante, per cui il limite di valutazione della Pubblica Amministrazione sulla sussistenza di un interesse concreto, attuale e differenziato all’accesso ai documenti, che è correlativamente pure il requisito di ammissibilità della relativa azione, si sostanzia solo nel giudizio estrinseco sull’esistenza di un legittimo bisogno differenziato di conoscenza in capo a chi richiede i documenti, purché non preordinato ad un controllo generalizzato ed indiscriminato di chiunque all’azione amministrativa, espressamente vietato dall’art. 24 comma 3 L. n. 241/90 cit. (Cons. Stato, Sez. III, 7.8.12, n. 4530)>>.
I giudici amministrativi, infine, non hanno mancato di rilevare come il diritto di accesso agli atti sia un diritto soggettivo e, pertanto, è compito del giudice, laddove vi sia un interesse concreto, diretto e attuale del ricorrente all’ostensione richiesta, ordinare l’esibizione dei documenti richiesti, sostituendosi all’amministrazione e ordinando un “facere” pubblicistico
Nello specifico, il ricorrente attraverso l’istanza de quo aveva richiesto di poter prendere visione ed estrarre copia di tutta una serie di documenti e, in particolar modo:
•degli atti e dei documenti sottesi ad un’avvenuta iscrizione ipotecaria su di un immobile di sua proprietà;
•degli atti e dei documenti dai quali poter evincere i nomi dei responsabili del o dei procedimenti sottesi a detta iscrizione.
Tale documentazione si rendeva necessaria per il contribuente al fine di poter esercitare il suo diritto di difesa, sia relativamente alla legittimità dell’iscrizione ipotecaria, sia con riferimento ad un processo penale pendente in fase di appello nei confronti del funzionario responsabile della cartella, sia infine per la richiesta di risarcimento del danno ex art. 30 c.p.a. per responsabilità del legittimo esercizio dell’attività amministrativa.
A seguito del silenzio rifiuto e all’impugnazione dello stesso innanzi ai giudici amministrativi, il Tar Lazio correttamente ha accolto il ricorso del contribuente sottolineando in particolare come <<la giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito che, ai sensi dell’art. 22 L. n. 241/90, il soggetto che detiene la documentazione oggetto di istanza di ostensione non deve delibare la fondatezza della pretesa sostanziale per la quale occorrono tali atti o sindacare sulla utilità effettiva di questi, in quanto il diritto d’accesso è conformato dalla legge per offrire al titolare, più che utilità finali (caratteristica, questa, ormai riconoscibile non solo ai diritti soggettivi, ma anche agli interessi legittimi), poteri autonomi di natura procedimentale volti ad implementare la tutela di un interesse (o bisogno) giuridicamente rilevante, per cui il limite di valutazione della Pubblica Amministrazione sulla sussistenza di un interesse concreto, attuale e differenziato all’accesso ai documenti, che è correlativamente pure il requisito di ammissibilità della relativa azione, si sostanzia solo nel giudizio estrinseco sull’esistenza di un legittimo bisogno differenziato di conoscenza in capo a chi richiede i documenti, purché non preordinato ad un controllo generalizzato ed indiscriminato di chiunque all’azione amministrativa, espressamente vietato dall’art. 24 comma 3 L. n. 241/90 cit. (Cons. Stato, Sez. III, 7.8.12, n. 4530)>>.
I giudici amministrativi, infine, non hanno mancato di rilevare come il diritto di accesso agli atti sia un diritto soggettivo e, pertanto, è compito del giudice, laddove vi sia un interesse concreto, diretto e attuale del ricorrente all’ostensione richiesta, ordinare l’esibizione dei documenti richiesti, sostituendosi all’amministrazione e ordinando un “facere” pubblicistico